La biomassa è la materia organica, derivata da piante o animali, disponibile su base (teoricamente) rinnovabile. Comprende legna, arbusti, piante erbacee, residui di raccolti agricoli, ma anche scarti organici urbani o concime animale.
La bioenergia è l’energia ottenuta dalla biomassa, sia usandola direttamente come combustibile, sia indirettamente attraverso la sua trasformazione in liquidi o gas. È la forma più antica di energia adoperata dall’uomo, risale alla scoperta del fuoco e viene ancora oggi frequentemente usata in maniera arcaica.
Si stima che il 10% di tutta l’energia utilizzabile provenga da biomassa usata in modo tradizionale. Il suo consumo avviene prevalentemente nei paesi in via di sviluppo, per cucinare e per riscaldarsi, bruciando la biomassa in fuochi aperti o in fornelli primitivi. È un uso poco efficiente, che ha due aspetti negativi: i gas incombusti provocano diverse malattie e la raccolta del combustibile non è veramente rinnovabile, ma provoca deforestazione.
Considerare le biomasse tradizionali una soluzione ai problemi dell’energia o della CO2 è un approccio controverso. In realtà, probabilmente non bisognerebbe incoraggiarne l’uso, ma scoraggiarne. Almeno la deforestazione diminuirebbe. Per fortuna, appena possono, i poveri ne fanno volentieri a meno.
Dal punto di vista sanitario, sarebbe invece prioritario dotare chi è costretto a impiegarle di fornelli muniti di canna fumaria: almeno la gente si ammalerebbe di meno. E morirebbe di meno, ma il bilancio della CO2 non cambierebbe ed il vero problema, si sa, è l’acqua alta.
È meglio essere realisti: con le biomasse tradizionali c’è poco da fare: Chi pensa che la loro energia salverà il mondo provi a mettere sterco di yak nel serbatoio della Smart e vedrà che prestazioni!
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