L'acqua è il principio di tutte le cose. Talete.
L’energia dell’acqua corrente è stata sfruttata dall'uomo da millenni. Il suo accoppiamento col generatore elettrico, avvenuto nella seconda metà dell’ottocento, ha dato vita alle prime centrali elettriche. Grazie ad esse, nelle città più moderne poste lungo un fiume, alla fine del XIX secolo è arrivata l'elettricità.
Agli inizi del novecento l’energia idraulica forniva la maggior parte dell’energia elettrica globale. Poi, poco a poco, la sua quota ha cominciato a diminuire, non riuscendo a stare al passo con la domanda crescente, che è stata progressivamente soddisfatta dalle centrali termoelettriche.
Oggi è ancora una fonte consolidata ed economica, che fornisce il 16% di tutta l’elettricità mondiale, e costituisce i 3/4 di quella proveniente da fonti rinnovabili [1].
In effetti, dopo le biomasse, l’energia idroelettrica è la fonte rinnovabile più consistente che utilizziamo, ma, a differenza delle biomasse, in prevalenza bruciate per cuocere o scaldare, genera la forma di energia più ricercata dagli uomini.
Oltre a produrre direttamente l'energia più richiesta, ha un ruolo collaterale altrettanto importante: stabilizzare le fluttuazioni tra la domanda e l'offerta di elettricità. Una dote, come vedremo, indispensabile per il futuro sviluppo del solare e dell’eolico. [3]
L’energia idroelettrica ha numerosi aspetti positivi: alta efficienza, bassi costi operativi e di manutenzione, buona flessibilità di produzione e grande capacità di stoccaggio.
Ha, però, un lato negativo: richiede un altissimo investimento iniziale. Questo fa sì che il finanziamento di un nuovo impianto sia spesso un problema, nonostante il costo di un kWh idroelettrico sia parecchio inferiore a quello dalle altre rinnovabili (e simile a quello di un kWh di origine fossile).
Benché già molto sfruttata in Occidente, le sue potenzialità di crescita rimangono considerevoli in Africa, Asia e America latina. Grazie ai futuri apporti da questi tre continenti, L’IEA prevede, abbastanza cautelativamente, che la sua capacità produttiva globale possa raddoppiare entro il 2050.
Ma prevede anche che ben poco di quest'incremento possa riguardare l'occidente industrializzato.
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