Eppure c’è un modo indiretto con cui l’idroelettrico può aumentare la produzione da rinnovabili, anche in Italia. L’energia potenziale dell’acqua ha una caratteristica preziosa: basta abbassare una saracinesca per trattenerla e smettere di convertirla in elettricità.
Anzi, molto di più: in un sistema a due bacini, si può addirittura usare l’elettricità per pompare l’acqua in salita e riempire il bacino superiore.
Questo perché le turbine funzionano normalmente in due modi: sotto la spinta dell’acqua generano elettricità, ma consumando elettricità possono spingere l’acqua in su. Perciò l’idroelettrico è una vera fonte variabile, regolabile e reversibile.
Anche l’energia eolica è variabile: quando il vento non c’è, non c’è verso di fargli produrre nemmeno un watt. Ma non è né regolabile né reversibile. All’opposto, le centrali nucleari e quelle a carbone sono molto difficili e lente da regolare.
In effetti, negli ultimi decenni l’energia idroelettrica è stata utilizzata, insieme alle centrali a gas, soprattutto per saziare i picchi di domanda. Ma di recente ha cominciato a soddisfare anche i picchi di offerta.
Infatti, quando fonti variabili come l’eolico o il solare raggiungono circa il 15-20% della produzione totale (come succede già oggi in Germania o in Danimarca) i loro picchi di produzione provocano problemi alla rete.
L’energia in eccedenza deve essere tolta di mezzo, possibilmente immagazzinandola. E questo, i bacini idrici sono in grado di farlo (ma non le centrali a gas).
La cosa interessante di questo metodo di immagazzinare l’energia elettrica (PSP, Power Storage Plant) è che non è molto costoso. O, meglio, è uno dei due più convenienti (insieme a quello di comprimere l’aria), molto meno caro delle batterie o delle celle a combustibile.
Ciò è in parte dovuto al fatto che il ciclo completo di stoccaggio è sorprendentemente economico: passando dall’elettricità all’acqua e poi di nuovo all’elettricità si conserva dal 70% all’85% dell'energia. [2]
I costi dei PSP sono gli stessi degli impianti idroelettrici ordinari e quindi riguardano sostanzialmente il capitale per la costruzione del bacino.
Come tutti gli impianti idroelettrici, variano notevolmente. Ogni impianto è diverso dagli altri ed ognuno ha un costo che dipende dall’orografia del luogo.
Molto diverso dal prezzo di una centrale termoelettrica o di un campo fotovoltaico che non cambia molto se si fa nella pianura padana o nel tavoliere delle Puglie.
I PSP hanno però due vantaggi. Primo, non devono essere molto grandi (devono far fronte soltanto a fluttuazioni della produzione); secondo, vengono collocati a monte di un bacino esistente (e in montagna, più alto si va, meno gente ci abita).
È difficile dire cosa succederà in Italia nel prossimo futuro, ma è ragionevole pensare che dei piccoli bacini in località remote siano più facilmente costruibili di grandi invasi in regioni antropizzate.
Per capire l’importanza dello stoccaggio coi PSP conviene ricordare cosa sta succedendo al Portogallo. Mediamente in Portogallo, il 17% dell’elettricità viene dal vento. Ma in un solo giorno (il 13 novembre 2011) l’eolico ha prodotto il 70% del fabbisogno elettrico nazionale. [3]
È stato un grosso problema per la sua rete. Di conseguenza il Portogallo, montagnoso e con un buon potenziale tecnico residuo, ha deciso di raddoppiare la sua energia idroelettrica e quadruplicare gl’impianti PSP entro il 2020.
[1] NREL (National Renewable Energy Laboratory) (2009), “Scenario Development and Analysis of Hydrogen as a Large-Scale Energy Storage Medium”, presentation at the RMEL meeting, Denver, US, 10 June.
[2] KeyWorld2013_FINAL_WEB.pdf, pag. 13.
[3] KeyWorld2013_FINAL_WEB.pdf, pag. 26.
[4] KeyWorld2013_FINAL_WEB.pdf, pag. 18.
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