Il giorno del concorso i candidati erano nervosi. Si erano presentati in pochi, forse per la distanza: il concorso si svolgeva a Ginevra e non c’era il rimborso spese.
Ferruccio ed Erasmo, appesantiti dagli anni, entrarono nello stanzone con un’emozione che avevano ormai dimenticato, quando videro sul lato opposto due giovani che gli assomigliavano molto.
- Vedi com’eri prima di perdere i capelli? - fece notare Erasmo.
- Quell’altro sembra te vent’anni fa! - replicò Ferruccio.
- Per Giove! Ma quello sono proprio io, vent’anni fa, e quell’altro sei tu! È incredibile! Che qualcuno abbia inventato la macchina del tempo?
Così dicendo, si avvicinarono ai se stessi nuovi che, a loro volta, li guardavano incuriositi.
Erasmo il vecchio esordì: - Ragazzi, è successo qualcosa di strano, non so cosa, ma voi siete noi da giovani.
- Impossibile, io non perderò mai i capelli! - disse Ferruccio.
- In effetti avevo notato una certa somiglianza - rispose Erasmo il giovane - però non riesco a capire.
- Minchia! La Sfinge, le due possibilità: la vita lunga e avventurosa oppure breve e noiosa! - esclamò Ferruccio il giovane - Ma allora perderò i capelli!
- La Sfinge, le due possibilità, ma di che parli, giovanotto? - disse Ferruccio il vecchio.
- La Sibilla abusiva, non ti ricordi? Due anni fa, a Cuma!
- A Cuma? Ma ci sono andato vent’anni fa! E che sarebbe successo a Cuma?
- Ma come, non ti ricordi? Non sono solo i capelli, anche un po’ come dire... Non ti ricordi che andammo a chiedere un consiglio per la principessa che la dava solo a drago morto? E la Sibilla che sembrava una Sfinge?
- La principessa me la ricordo, la Sibilla insomma, ma di quello che disse, proprio niente.
- Disse che potevamo scegliere tra una vita breve e noiosa o una lunga e avventurosa, ma che, in ogni caso, non saremmo sfuggiti al destino.
- E allora?
- Ma è chiaro: noi siamo il risultato delle due vite, voi di quella lunga e noi di quella breve.
- Che lavoro fate, Ferruccio? - intervenne il giovane Erasmo.
- Lavoro al ministero, perché?
- E avete viaggiato molto?
- Non mi sono mai allontanato da Roma.
- Ma con le donne ne avete combinate di cotte e di crude, eh?
- Ma quale! Mi sono sposato subito e poi sempre casa e ministero.
- Allora non riesco a capire, la vostra vita dovrebbe essere quella lunga e avventurosa, eppure di avventure nisba. D’altra parte è evidente che Ferruccio il giovane non ha avuto una vita molto lunga, almeno fino adesso.
- E quindi?
- E quindi sembrerebbe che la vita breve sia quella vostra, mentre quella lunga sia quella del giovane. Molto strano!
- Una spiegazione ci sarebbe - intervenne Erasmo il vecchio - supponiamo che voi stiate vivendo in un universo parallelo, che viaggi a velocità relativistica rispetto al nostro, noi vi vedremmo molto più giovani a causa della dilatazione del tempo. È il paradosso dei gemelli.
- È una stronzata! Ma prendiamola per buona, tanto il lettore di fisica non ci capisce una mazza. E quale sarebbe la conclusione?
- Insomma, voi due, anzi noi quattro, anche se non capisco che c’entriamo noi Erasmi, stiamo invecchiando a velocità diverse. Quando ci si diverte il tempo sembra passare in un attimo! Per compensare, la vita noiosa deve scorrere più velocemente: così in vent’anni dei nostri ne sono passati solo due per voi! - riprese Erasmo il vecchio.
- Eh sì, è chiaro! conclusero tutti e quattro.
Non finirono di dire queste parole che un’attrazione irresistibile spinse i due Erasmi e i due Ferrucci uno verso l’altro, fondendoli in due sole persone.
Inutile dire che vinsero il concorso.
Vennero assegnati ad Odoardo per affiancarlo nei suoi compiti. Ristrutturando la caverna ne ricavarono tre appartamenti spaziosi. Vennero costruite delle confortevoli celle per i prigionieri, un magazzino frigorifero per la carne fresca e un deposito per le ossa poco lontano dalla caverna. I lavori vennero finanziati dall’Unione Europea.
Passò il tempo e la bella principessa, rimasta sola e triste dopo aver bruciato tutti i pretendenti, decise di fare un viaggio nel Caucaso. Era un po' dispiaciuta di quanto accaduto al povero Ferruccio, certo non come per il primo pretendente, ma insomma. Volle vedere il luogo del combattimento e magari anche il drago assassino. Ma per evitare difficoltà, scelse un viaggio organizzato. Arrivò, così, con una comitiva di turisti giapponesi, per lo show mensile del drago che sbranava un essere umano.
- Quel povero Ferruccio - pensava tra sé e sé - è venuto fin qui a sfidarlo da solo e lo ha combattuto per sette giorni e sette notti, prima di soccombere. Soltanto per onorarmi. Sono stata troppo dura con lui, potevo dirgli: combatti per tre giorni e tre notti, e poi, se sei ancora in pareggio, puoi presentarti lo stesso da me. Come feci con Armando. Che bello Armando! Certo, si fece ammazzare dopo neanche tre quarti d’ora, che incapace. Sì, sono stata troppo severa, Ferruccio in fondo era simpatico anche se scriveva un sacco di stupidaggini.
Ed ecco che Odoardo, per la delizia dei giapponesi, veniva fuori dalla caverna, alitando fiamme a destra e a manca ed emettendo ruggiti terrificanti. Il rullo di tamburi annunziò l’arrivo del prigioniero, i giapponesi ammutolirono, ma non smisero di riprendere. Un disgraziato col codino venne avanti, incatenato e tirato da Erasmo e Ferruccio, i due vicedraghi. Un mormorio cominciò a serpeggiare tra i turisti, poi un nome, tra i loro suoni incomprensibili, risultò distinguibile: Bajiò, Bajiò!
Ma l’attenzione della principessa non fu però per il prigioniero. Lo aveva riconosciuto quel miserabile: altro che morte gloriosa in combattimento, quello si era messo d’accordo ed ora faceva il tirapiedi del drago.
- Verme! - gridò allibita e scappò sul pullman.
- Minchia, la principessa! Sono rrovinato! - biascicò Ferruccio.
- Non è detto! Lascia fare a me! Ma ora non ti distrarre: the show must go on - lo riprese Erasmo.
I giapponesi, intanto, erano presi dall’agitazione, formarono dei capannelli, alcuni chiamarono in patria col telefonino. I vicedraghi portarono il prigoniero al cospetto del drago che con un’alitata precisa gli bruciò il codino. Una delegazione di giapponesi si staccò allora dal gruppo e uno di loro cominciò ad agitare un ventaglio di carte di credito dicendo:
- Please, Odoardo san, non brucia onorevole prigioniero, noi riscatta.
Allora Odoardo parlò:- Mai risparmiai un prigioniero, ma per rispetto all’imperatore del Sol Levante, lascerò che voi trattiate con i miei aiutanti!
Alla fine delle trattative gli umanitari giapponesi riscattarono Bajiò per quattro miliardi di yen. Erasmo salì sul pullman mentre i turisti si scambiavano festose pacche sulle spalle.
- Signorina, permettete una parola?
- Andate via, lurido tirapiedi!
- Andrò, ma non prima che mi abbiate ascoltato!
- Via, essere abbietto, non voglio sentirvi!
- Principessa, vi ho riconosciuto! Voi siete la donna amata dal povero Ferruccio, colei per cui morì: corrispondete perfettamente alla descrizione che mi fece in punto di morte. Non vi lascerò andare senza avervi riferito le sue ultime parole!
Ma che dite, miserabile! Quel verme l’ho visto coi miei occhi poco fa, accanto a voi!
- Principessa, state sbagliando, chi avete visto di certo non è, non è Ferruccio!
- Era vestito di rosso, però!
- Non è Ferruccio!
- Non dite sciocchezze, e chi potrebbe somigliargli così perfettamente?
- Principessa, non avete notato il grande interesse dei giapponesi per il prigioniero?
- Sì, e con questo?
- Allora avrete anche notato la sua straordinaria somiglianza col calciatore Baggio.
- Non mi intendo di calcio, plebeo!
- Non importa, credetemi: quello è un clone del calciatore. Rivelinov ha trovato la maniera di clonare gli esseri umani!
- E con questo?
- Lo scoprii quando arrivai qui col povero Ferruccio. Il tiranno produceva cloni per pagare il tributo umano a Odoardo senza rimetterci i sudditi.
- Continuo a non capire.
- Quando, durante il combattimento, Odoardo menò la zampata mortale, il povero Ferruccio venne scaraventato a molti metri di distanza, proprio vicino a me. Mi guardò disperatò e poi mi disse: Se mai vedrai la principessa, dille che ho amato solo lei nella mia vita!
- Non dire sciocchezze, l’ho visto accanto a te quel verme, vivo e vegeto!
- Non era Ferruccio. Ascoltate: subito dopo queste ultime parole, arrivò il drago e ne fece un sol boccone. Ma allontanandosi sputò qualcosa. Corsi a raccoglierla: erano due pezzetti di Ferruccio che non gli erano piaciuti. Senza por in mezzo, li misi nella mia sacca e ritornai il prima possibile in Circassia. Andai subito da Rivelinov, gli dissi che ero a conoscenza dei suoi esperimenti e lo avrei denunciato all’ONU se non mi faceva clonare il mio amico.
- Non ti credo!
Rivelinov, negò, sbraitò, minacciò, ma quando gli dissi che il codino clonato di Baggio era in una cassetta di sicurezza per essere consegnato ad Havelange in caso di mia morte, divenne improvvisamente accondiscendente e accettò di clonare Ferruccio. Gliene feci fare due copie, per sicurezza.
- Non ci credo! - ripetè debolmente la principessa.
- Chiamai i due cloni Ernesto ed Evaristo e li portai qui, dove mi ero trasferito dopo aver vinto il concorso. Ma una cosa strana accadde: i due cloni svilupparono due caratteri completamente diversi: mentre Evaristo fu ben contento di approfittare della situazione, tant’è che dovemmo talvolta redarguirlo per come cercava di accaparrarsi le nuove vergini, Ernesto si chiuse ben presto in se stesso, rifiutando i bagordi e dicendo che il suo cuore sarebbe stato sempre e soltanto della principessa!
- Come faceva a sapere di me?
- Questo è il bello: benché non gli avessimo mai parlato di voi, e neanche di Ferruccio (lui crede di essere un trovatello come il suo gemello Evaristo), sviluppò subito un attrazione per voi. Non vi aveva mai vista, eppure era capace di descrivervi in modo dettagliato.
- Non riesco a crederci! - la principessa aveva perduto l’astio di prima.
- Dopo un po’ decise di lasciarci. Disse che sarebbe andato a vivere sul monte Zuma qua vicino, per aspettarvi. Era sicuro che sareste venuta qui voi, dato che lui non sapeva dove cercarvi.
- È ancora lì che aspetta?
- Credo proprio di sì.
- Ed è uguale a Ferruccio?
- Un clone tale e quale a lui!
- Mi accompagnerete da lui?
- Ci metteremo in cammino domani stesso!
Il pullman si riempì e ripartì per portare i turisti al grande albergo Del Cacciatore, nella valle alle pendici del monte Aguz.
Erasmo tornò dallo sconsolato Ferruccio e gli posò una mano sulla spalla:
- Tutto a posto, parti stasera per il monte Zuma, e domani sei sistemato!
- In che senso? Che vuoi dire?
- Voglio dire che le vergini d’ora in poi te le scordi, e anche il calcio, mi sa. Non credo che ci vedremo spesso in futuro. D’altra parte se vuoi la principessa. L’ho convinta che non sei Ferruccio, ma il suo clone Ernesto, perdutamente innamorato di lei. Le ho assicurato che il vero Ferruccio è morto combattendo col drago.
- E ci ha creduto?
- Secondo me ha fatto finta. Forse si era stancata di stare da sola.
- Ma così devo rinunciare per sempre alle vergini?
- L’hai voluta la principessa?
- Sì, sì. Per carità.
- Dai, non ti preoccupare. Casomai, qualcosa c’inventeremo, e se bisognerà dare la colpa a qualcuno c’è sempre l’altro clone.
- Quale altro clone?
- I cloni di Ferruccio siete due, Ernesto ed Evaristo.
- Ah! Beh, allora devo mettermi in cammino subito! Ciao, Odoardo, ci sentiamo!
- Ciao, Ferruccio. Se cambi idea puoi sempre tornare da noi.
- Grazie! Vado. Allora me la porti domani?
- Sì, vengo domani con la principessa. O! Mi raccomando non ti sbagliare: non dimenticare di chiamarti Ernesto, è importante!
Vissero a lungo felici e contenti. / Divorziarono dopo tre anni.
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