Siviglia è una città spagnola e meridionale: alle otto e mezzo solo i turisti mangiano, per cui prima delle 10 è impossibile utilizzare l’affollamento come indicatore della bontà dei locali. Ma la scienza sarà presto in grado di fornire il nome di un numero di bar di tapas in cui si possa mangiare con soddisfazione. Intanto conviene fornire alcune indicazioni sugli usi locali.
A Siviglia, come in gran parte della Spagna, la gente si vede fuori molto spesso, per bere e mangiare, ma diversamente dall’Italia, questo non avviene, come da noi, al ristorante. Si va invece nei “bar di tapas”, parenti alla lontana delle nostre osterie con cucina, alcuni anche con tavoli e sedie, tutti con bancone e sgabelli, sia dentro al locale che sul marciapiede.
Di solito, appena vi sedete o vi appoggiate al bancone, il cameriere vi chiede subito se volete una cagna (una canna (di birra)), ma può succedere che passi mezz’ora e non arrivi nessuno: allora vuol dire che siete in un bar dove le cose bisogna prendersele da soli al banco e i camerieri ritirano soltanto bicchieri e piatti vuoti. La scienza non ha scoperto come si fa a sapere in che tipo di bar siete, meglio guardare quello che fanno gli altri.
Dopo che vi hanno portato da bere (la birra di Siviglia, la Cruzcampo, è molto buona) si chiede da mangiare. Le porzioni si distinguono in tapas (piccola), medias (mezza) e raciones (intera), è abitudine condividere il contenuto dei piatti. Esempi di cose da mangiare sono l’hamon (il prosciutto crudo) che arriva in scaglie tagliate a mano, le croquettas (di hamon, di gamberi et al.) fritte, il flamenquin (un rotolino di carne di maiale, con prosciutto e formaggio, impanato e fritto), l’adobo (un pesce sconosciuto, tagliato a tocchetti e fritto), il bacalao (sempre a tocchetti e fritto), il cioco (calamaro a tocchi, fritto), il queso manchego (pecorino stagionato), il gazpacio (zuppetta di pomodori cetrioli e aglio crudi), la spinaca (che di tutto sa tranne che di spinaci, però non è male).
Gli spagnoli hanno un debole per due animali: il toro e il maiale. Del toro poco so, per cui vi dico quel che so del maiale. Diversamente dal prosciutto di Parma, di cui la metà dei maiali viene dall’est europeo, il prosciutto spagnolo viene da maiali spagnoli, ed ogni regione ha la sua specie. Quella considerata migliore è quella che vive nella regione di Huelva (a 100 km da Siviglia), anzi precisamente ad Jabugo.
Col prosciutto, sono fissati come gl’italiani col vino (sul quale invece sono più laschi, come noi vent’anni fa) ed oltre alla regione di provenienza, distinguono sul metodo di allevamento. Quello più pregiato è il maiale allevato allo stato brado nelle boschi di querce, che mangia soltanto bellota (ghiande) e si riconosce dalle cisti di grasso nella carne. Un prosciutto bellota di Jabugo costa mediamente dieci volte di più di uno di Granada allevato a mangime (cebo), ma può arrivare a cinquanta volte di più per esemplari particolarmente pregiati. Naturalmente, oltre al prosciutto, tutti i derivati del maiale sono piazzati di conseguenza, vale la pena di provare la cana di lomo e il lomito (assimilabili al lonzino, non so distinguerli), mentre la paleta è il prosciutto della zampa anteriore.
La cucina tradizionale sivigliana è povera di verdure e di cereali, ricca di proteine di carne o pesce, e molto fritta, alla lunga dannosa, ma per qualche giorno assorbibile; mancano dolci rilevanti, anche se i polvorones sono degni di menzione. Da Alicante proviene un ottimo torrone, di vari tipi, mediamente migliore di quello italiano. Chi andasse a Granada in macchina, può fermarsi a Santa Fé, poco prima di arrivare, e mangiarsi un pio nono. Si chiamano come il papa e sanno di uovo, ma non sono male. Per il gelato meglio aspettare il ritorno in patria.
Anche il caffè è fonte d’insoddisfazione. Nei bar è meglio che nelle caffetterie, per avere un espresso occorre chiedere un caffè solo, muy pequeno, e bloccare il barista a metà tazzina, cosa che però riesce raramente, perché nel frattempo lui si allontana per fare altre cose e intanto il brodolone continua a colare.
L'ultima avvertenza riguarda la colazione. Se avete scelto di non farla in albergo, dove servono il breakfast internazionale (la colazione non è compresa di default), dovete andare in un bar o in una caffetteria. Qui non sempre troverete i cornetti perché in Andalusia la gente col caffé mangia la bruschetta. Si chiama tostada e sono fette di pane abbrustolito, con o senza pomodoro, sul quale versano l'olio d'oliva. In compenso la spremuta d'arancia è molto diffusa e si chiama zumo de naranca.
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