L’elettronica che abitualmente maneggiamo, dal telefonino al computer, si fa con i semiconduttori, dei materiali che si comportano da isolanti o da conduttori (di corrente) a seconda del potenziale elettrico che gli viene applicato. Il materiale che, opportunamente contaminato, viene di solito usato per fare i semiconduttori è il silicio, ma talvolta vengono impiegati anche elementi più esotici.
In certe condizioni, i semiconduttori hanno una caratteristica interessante: se gli arriva addosso un fotone (una particella di luce), liberano un elettrone, che si prende l’energia del fotone e comincia a muoversi nel materiale.
Naturalmente se i fotoni sono tanti, anche gli elettroni liberati sono tanti ed una corrente elettrica comincia a scorrere attraverso il semiconduttore.
Quest’effetto è chiamato fotovoltaico e la corrente generata è una corrente elettrica a tutti gli effetti, che può essere sfruttata per far funzionare delle apparecchiature.
L’effetto fotovoltaico è conosciuto da parecchio tempo e mezzo secolo fa sono cominciati i tentativi per sfruttare concretamente questa proprietà. In questi cinquant’anni i dispositivi fotovoltaici hanno costantemente migliorato la loro efficienza ed affidabilità ed il loro prezzo si è più o meno dimezzato ogni quindici anni.
Oggi ci sono in commercio diversi tipi di pannelli tecnologicamente maturi, mentre la ricerca continua a proporre nuove e promettenti soluzioni. Il vero difetto è che oggi un kWh fotovoltaico costa grosso modo tre volte di più di un kWh fossile. [1]
In prospettiva non è un grosso problema: visto l’andamento del petrolio, un giorno imprecisato del futuro i due prezzi si incroceranno e da quel momento ci saranno pochi dubbi su come produrre l’elettricità. Ma oggi il problema c’è: chi pagherebbe la benzina sei euro al litro, potendola pagare solo due?
Oggi le tecnologie fotovoltaiche utilizzate commercialmente sono sostanzialmente due: il silicio cristallino ed il film sottile. Insieme esauriscono il 99% dei dispositivi venduti. Oltre ad esse, esistono alcune tecnologie molto efficienti, ma costose, usate per scopi particolari (per esempio satelliti) ed un certo numero di promettenti tecnologie sperimentali, che però, a breve/medio termine, non sono ancora viabili.
Il silicio cristallino (diviso a sua volta in mono e poli-cristallino) è la tecnologia più consolidata e affidabile. La stessa che viene usata per creare i dispositivi elettronici che usiamo quotidianamente. I pannelli di silicio mono-cristallino sono i più efficienti (14 - 20 %) [2] ed i più cari, quelli di poli-cristallino sono un po’ peggiori, con un’efficienza del 13 - 15 % [2], ed un prezzo leggermente inferiore. Mono e poli-cristallino si dividono equamente il mercato ed insieme coprono l’85% di esso.
Il restante 15% è soddisfatto dai dispositivi a film sottile, in cui uno strato di silicio amorfo o di materiale esotico (CdTe, CIS, CIGS) [3] viene depositato su una base portante. I film sottili hanno talvolta caratteristiche architettonicamente interessanti, come piegarsi o essere trasparenti, ma hanno efficienze che variano all’incirca tra il 6 e l’12 % [2] e costano meno del silicio cristallino.
E siccome per avere la stessa potenza elettrica, col film sottile bisogna coprire più area rispetto al cristallino, alla fine i costi di impianti fatti con tecnologie diverse molto spesso si equivalgono.
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