Prima che un guaio succeda, la gente pensa che non possa succedere. Dopo un po' che è successo, pensa che non succederà più.
Nel 1986 il reattore di Chernobyl ebbe un incidente molto grave. Una nube radioattiva si sparse per l’Europa e contaminò aree molto vaste. Io stesso, per motivi istituzionali, misurai col germanio le righe di emissione dell’insalata o del pecorino laziali. [2]
La popolazione si allarmò enormemente e bisogna ammettere che diversi campioni misurati erano cento volte più radioattivi del fondo naturale. Ma il fatto non chiaro a molti è che un fondo radioattivo c'è sempre. Il fondo radioattivo italiano è il risultato della media tra zone molto tranquille (Valle d’Aosta) e zone molto vivaci (Lazio, Campania) che hanno un fondo anche quindici volte superiore. [3] Ciò significa che gli abitanti del Lazio si prendono una dose quindici volte superiore a quelli della Valle d’Aosta, per tutta la vita. Il che è molto di più di esporsi a una dose cento volte più alta del fondo, ma solo per alcune ore o alcuni giorni.
Se queste dosi fossero pericolose, nel Lazio i casi di cancro dovrebbero essere sensibilmente più numerosi di quelli della Valle d’Aosta, cosa che però non risulta. Il fatto è che quando le dosi sono basse, non c’è abbastanza statistica per trarre delle conclusioni sensate.
In pratica le classificazioni ufficiali di pericolosità non sono falsate per tranquillizzare la popolazione, ma rispecchiano semplicemente l’assenza di correlazione con le dosi basse. E indicano il pericolo soltanto quando c'è veramente.
L’importante è essere realisti. Se un pazzo si affaccia alla finestra e comincia a sparare, se abitiamo nella stessa via dobbiamo preoccuparci, ma se stiamo in un’altra città è solo una notizia di cronaca.
La paura degli italiani per la radioattività di Chernobyl fu ridicola, ma quella di chi viveva in un raggio di cinquanta km dal reattore fu purtroppo ben giustificata.
La figura di sotto riporta un ingrandimento della mappa vicina al reattore, con le zone a diversa pericolosità ed un cerchio di 50 km di raggio per farsi un’idea delle distanze. Chi abitava là ha passato un brutto guaio.
In alto a sinistra, nella stessa scala, è riportata la mappa del Lazio attorno a Roma, con un cerchio centrato su Montalto di Castro, dove, fino a qualche anno fa, si voleva costruire una centrale nucleare.
Chiunque può immaginare le conseguenze di un eventuale incidente a Montalto, ricordando pure che, in caso di guerra, le centrali elettriche sono tra i primi obiettivi ad essere bombardati.
Naturalmente, chi sosteneva che un incidente come quello di Chernobyl non sarebbe potuto mai succedere, ora è anche sicuro che un’altra guerra non possa più capitare.
La figura a lato, tratta da un articolo apparso sull’Economist, mostra l’età delle centrali nucleari operative nel marzo 2011.
Quelle sotto la linea rossa tratteggiata sono entrate in operazione dopo il disastro di Chernobyl. È evidente che, appena concluse quelle già in costruzione, i governi ci hanno pensato due volte prima di ordinarne delle nuove. In Europa ci hanno pensato tanto bene che non ne hanno fatta più nessuna.
La crescita dell’energia nucleare, che negli anni ’80 si stava diffondendo velocemente, subì una frenata (vedi a lato l’andamento della produzione nell'86).
Passati vent’anni e smorzato il ricordo di Chernobyl, i nuclearisti tornarono all’attacco. In fondo, l’incidente fu dovuto alla decisione di un incompetente e, si sa, in Russia i Tupolev vengono guidati da piloti ubriachi. In occidente, la responsabilità e la preparazione degli addetti sono un’altra cosa.
Anche in Italia, fiero delle doti di serietà e capacità organizzativa che il mondo ci riconosce, il movimento nuclearista riprese forza e propose cinque nuove centrali.
Ma il diavolo ci mise la coda con l’incidente di Fukushima. Questa volta la produzione di energia nucleare mondiale cominciò a calare. Stavolta fu difficile imputare il disastro al pressappochismo giapponese, anche se alcuni volenterosi se la presero con la natura ballerina del suolo giapponese, ben diversa da quella stabile e irremovibile di quello italiano. Ad ogni modo, un secondo referendum mise una seconda pietra sopra il nucleare italiano.
Il resto del mondo non ha fatto referenda, ma il raggiungimento della mezza età per la maggior parte delle centrali in operazione, lascia presumere che il prossimo acciacco darà un'altra mazzata a questo tipo di energia.
In Italia è rimasta solo una frangia di persone a borbottare che, con le centrali nucleari accanto al confine è stupido non farle pure noi. Dopo tutto, l’elettricità che compriamo da francesi e svizzeri viene dal nucleare.
E allora vale la pena vedere dove sono le centrali dei vicini. Sono i pallini rossi della mappa riportata di sotto. Per fare un paragone, Trino Vercellese, sito di una centrale italiana da rimettere eventualmente in funzione, si trova esattamente tra i due pallini blu di Milano e Torino.
Beh, le centrali straniere si trovano ad almeno 100 km dal confine italiano e separate da noi dalle Alpi. La geografia è questa, ognuno può farsi la sua idea sulla pericolosità di un eventuale incidente.
Io la mia me la sono fatta. (A noi l’elettricità e ai francesi le radiazioni).
Nel 2022 ci sono stati accessi al sito;
le pagine dell'Energia sono state visitate volte.