Da ragazzo ho vissuto qualche anno a Lentini. Il mio professore di lettere si dilungava spesso sugl'insegnamenti di Gorgia,5 il sofista, in particolare sull'importanza di argomentare in maniera convincente, anche a scapito della verità.
Fu durante una visita scolastica al museo archeologico locale che rimasi incuriosito dall’iscrizione, attribuita a Gorgia e incisa su un cratere, che recitava così:
Πι μια, κιδδυ δογυ υν σαπι νεντι 6
traducibile più o meno con: Per me, quello lì non sa nulla.
Chiesi al professore chi fosse quello e lui rispose che quello (Κιδδυ nel dialetto greco locale) non era mai stato identificato in nessuno dei contemporanei di Gorgia, nonostante altri riferimenti presenti negli scritti del filosofo.
Anni dopo, studiando i sofisti al liceo di Palermo, mi ricordai dell’episodio e chiesi al professore Silvestri7 se ne fosse a conoscenza. Il professore ignorava l'iscrizione del cratere, ma sapeva che Empedocle aveva in antipatia uno dei suoi discepoli, che chiamava abitualmente κιδδυ δογυ (quello lì).
Mi riferì anche di una leggendaria scritta marmorea, eretta a Selinunte e ripetuta su diverse tavolette votive, che la tradizione attribuiva a quello di Samo. E aggiunse di sospettare che quello lì e quello di Samo fossero la stessa persona, perché aveva rinvenuto un frammento non classificato di Empedocle che recitava così:
(Κιδ)δυ κυρνυτυ ι Σαμυ υν σαπι νεντι ε σι λαυρεαυ μαγαρι8 − Quel disgraziato di Samo non sa nulla ed è riuscito anche a laurearsi.9
Poiché era evidente che l'appellativo Κιδδυ non si riferisse a Pitagora, di cui Empedocle era continuatore e che veniva chiamato con deferenza Ιδδυ (Egli), chi era Κιδδυ che suscitava tanto astio nel filosofo agrigentino?
E come fece a laurearsi se non sapeva nulla?10 Che sia stato proprio Κιδδυ l’anello mancante nell’evoluzione della conoscenza ed il caposcuola dell'insipienza siciliana?
In seguito visitando Selinunte trovai io stesso una tavoletta riproducente la scritta συχα11, che quello avrebbe fatto erigere a caratteri cubitali sulla spiaggia.
Il fortunato ritrovamento e la frequente presenza di queste iscrizioni sui muri della Sicilia contemporanea mi convinsero dell’esistenza storica di quello. Se l'ignoranza siciliana ebbe un capostipite, bisognava scoprirlo e onorarlo.
Da allora sono passati parecchi anni, ma la curiosità di sapere chi fosse quello è rimasta. Conservo ancora la tavoletta di Selinunte e oggi posso permettermi di indagare personalmente su questo piccolo mistero.
D’altra parte, prima o poi in Grecia bisogna andarci: se n’è parlato tanto che bisogna andare a vedere in che mondo vivevano quei tipi. E allora perché non percorrere a ritroso il cammino che fece quello per venire in Italia da Samo? Magari scrivendo un diario di viaggio che potrebbe diventare anche una guida turistica.
Ho chiesto a Virgilia di accompagnarmi. Quando le ho detto che intendevo fare il viaggio in moto ha inarcato le sopracciglia, ma alla fine ha acconsentito. Virgilia è una ragazza in gamba, ha studiato il greco, conosce la mitologia e si piega nelle curve: sarà un’ottima guida. Soprattutto perché è carina.
Il fatto di avere a disposizione, per il suo bagaglio di tre settimane, una sola borsa Krauser da 36 litri non gliel’ho detto subito. Ho preferito farle una sorpresa il giorno della partenza.
[5] A Lentini, i professori si dilungavano o su Gorgia o su Jacopo da Lentini, non ce n’erano altri su cui dilungarsi.
[6] La traslitterazione nel nostro alfabeto potrebbe essere resa così: Pi mia, chiddu dogu un sapi nenti.
[7] Il professore Silvestri di Taormina, uno dei sette sapienti conosciuti dall’autore, insegnò filosofia al liceo Cannizzaro di Palermo.
[8] Du curnutu i Samu un sapi nenti e si laureau magari.
[9] Empedocle di Agrigento, era noto per il carattere permaloso e l’avversione verso il lauro e le lauree, cfr.:Tenetevi lontani dalle foglie di lauro; Plut.: Quaest. conv. III 1, 2.
[10] In realtà questo è meno stupefacente di quanto sembri a prima vista. Chi ha fatto l'Università ricorda benissimo almeno un professore che non sapeva assolutamente nulla e che quindi, con ogni probabilità, si era laureato nella più totale ignoranza.
[11] suca.
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